giovedì, giugno 08, 2006


RAMPO NOIR
Di Takeuchi Suguru, Jissoji Akio, Sato Hysayasu, Kaneko Atsushi - Giappone 2005

Quattro episodi affidati ad altrettanti registi e interpretati tutti da Tadanobu Asano. Nel Primo ( Mars Canal ), il protagonista, dopo aver violentato la sua donna, vaga in un paesaggio lunare fino ad uno specchio d' acqua, dove vedrà l' immagine riflessa del suo amore e si accorgerà che qualcosa sta cambiando. Nel secondo ( The Hell of Mirrors ), un investigatore privato, dovrà indagare su un misterioso omicidio causato da uno specchio maledetto. Nel terzo ( Caterpillar ), un marito torna mutilato dalla guerra, ma la moglie, dopo averlo accudito amorevolmente, comincerà a torturarlo: tutto questo attrarrà l' attenzione di un artista tanto visionario quanto sadico. Nel quarto ( Crawling Bugs ), un disturbato autista innamorato dell' attrice per cui lavora si dichiara, ma lei lo rifiuta malamente e scatterà in lui la vendetta.
Difficile vedere quanto di nuovo e valido può offrire il Giappone con lavori come questo. Il primo episodio, girato da Suguru, si assistono a dieci minuti di silenzio totale con vampate di rumore bianco che neanche Merzbow. Sperimentale ed interessante, si consuma subito senza dire molto. Il secondo episodio vede sempre Akechi Kogoro come figura fissa nel cinema di Akio. Il regista crede di poter incantare lo spettatore con giochi di specchi banali e rindondanti e quasi ci si casca, ma sotto una trama dai contenuti inesistenti non regge tanto virtuosismo, rendendo questo episodio il più brutto dei quattro. Interessante il terzo episodio, invece, a cura di Sato Hysayasu, ipnotico e disturbante grazie ad una location affascinante ( un' isola deserta ) e personaggi inquietanti. Lo spettatore si troverà invischiato in un vortice di passioni malate attorno ad un tronco umano, vero idolo e vittima di personaggi con una visione dell' amore distorta e irreale. Peccato che il tutto sia rovinato da una durata forse eccessiva, che porta presto alla saturazione e che rischia di non far apprezzare appieno il lavoro del regista. Il quarto episodio, che porta la firma di Atsushi, è il migliore: musica jazz, ambientazione in costume, un uso del suono ( con rumori ambientali ed inquietanti ) intelligente e piacevolmente fastidioso. Il regista introduce lo spettatore nel mondo malato del suo protagonista, non lesinando in sangue e disturbi della pelle, riservando anche un finale talmente grottesco e inaspettato, da riuscire a strappare qualche risata anche agli spettatori meno maliziosi. In definitiva un lavoro interessante, rovinato solo da alcune parentesi che, in un contesto come questo, purtroppo abbassano la media di un prodotto che avrebbe potuto dare di più.