mercoledì, agosto 30, 2006


POLICE STORY 3: SUPERCOP
Di Stanley Tong - Hong Kong 1992

Chan affida, per il terzo capitolo della serie, la regia a Stanley Tong ( aka Sammo Hung ) e decide di dargli un' impronta più internazionale e di avere, come nei migliori 007, una compagna di avventure; inevitabile, per un uomo d' azione, far ricadere la scelta su Michelle Yeoh, donna marziale e attrice quasi sempre molto convincente. Il nostro, dopo i due capitoli precedenti, viene spedito in un campo di prigionia della Cina continentale, per liberare un pericoloso criminale ed entrare nelle sue grazie al fine di smascherare un' associazione a delinquere imprendibile con mezzi legali. Le cose, ovviamente, non andranno per il verso giusto...
Capitolo conclusivo di una serie che proseguirà poi con altri capitoli slegati l’ un l’ altro ( Who am I?, First Strike, l’ ultimo New Police Story ad esempio ) e, soprattutto, film che segnerà la fine di un certo cinema alla Jackie Chan; non più legato alla fisicità dei suoi stunts, il nostro spericolato autore si dedicherà, qua e in futuro, non più a far sbattere persone addosso a tutto quello che capita, ma piuttosto a scene di stampo più internazionale. Niente di strano, quindi, vedere il nostro appeso a elicotteri in volo, muoversi tra capanne in fiamme, rendere il suo corpo più appetibile ad un cinema più esportabile ( e cafone ) che si aspetta da un film d’ azione solo spari e botti. Lo stile di Tong, comunque, non delude, e anche laddove il cinema occidentale non riesce a spingersi, lui ci arriva con la nonchalance tipica hongkonghese che noi tutti amiamo; ecco quindi la Yeoh che salta su treni in corsa con una motocicletta, o sempre la nostra eroina che rimane appesa ad un furgone in fuga per la città: scene d’ azione impensabili per il cinema americano e non si può non dar merito ad un regista che, anche nel loro campo cinematografico, è capace di far sfigurare anni di films d’ azione vetusti e malamente montati. Per il resto, siamo di fronte al solito: trama da commediola, cambi di registro scombinati e spessore della trama praticamente irrisorio; il cinema di Chan, insomma, e di un Tong in formissima. Da vedere. Da noi con un doppiaggio mediocre e con il titolo di Supercop.