mercoledì, ottobre 25, 2006


TOKYO DRIFTER
Di Seijun Suzuki - Giappone 1966

Tetsu è il braccio destro di un Boss ora ritiratosi dalla malavita, ma una gang rivale non ne vuole sapere e continua a perseguitarli. Quando le cose cominciano a peggiorare, Tetsu decide di andarsene, ma i killers non lo mollano e il suo capo lo tradisce. Tornerà a Tokyo per chiudere i conti una volta per tutte...
Seijun Suzuki ha in testa un cinema talmente particolare da risultare sempre convincente, anche quando si ritrova per le mani una sceneggiatura non propriamente il massimo come quella di Tokyo Drifter. Personaggi che antepongono all' amore antiche regole cavalleresche d' onore e lealtà se ne sono visti in giro, ma Suzuki è il primo ad innamorarsene e la sua messa in scena non fa fatica a farne cadere preda anche lo spettatore. Tetsu è un formidabile perdente, capace di uccidere trenta persone senza farsi un graffio e cadere in trabochetti idioti, quasi immortale in una pellicola dalla violenza stilizzata e da una rappresentazione della morte asciutta e reale, improvvisa e folgorante come lo stile dell' autore, che alterna ellissi ( il girovagare di Tetsu, riassunto in brevi cartoline dei posti da lui visitati ) a tagli di scena incredibili ( i duelli, quasi tutti privi dello svolgimento finale ) ad accelerazioni improvvise. Difficile trovare in un prodotto occidentale una così sensuale fusione di astrattismo e messa in scena surreale, con interni dai colori fortissimi e luogo per duelli irreali e poetici, tanto violenti quanto lirici, capaci di incontrarsi in un finale macabro ( l' harakiri ) di cui, però, è difficile non rimanerne coinvolti. Un bellissimo film, avvolto continuamente dalla canzone Tokyo Nagaremono, cantata dallo stesso attore, e da musica jazz come non c' è nè più. Da vedere.