sabato, settembre 18, 2010



SOONER

Che non pensiate che ci grattiamo, qui.
La prossima settimana le tanto agognate ferie, vi aspetto tutti qui al nostro ritorno.





lunedì, agosto 30, 2010


ANGEL TERMINATORS
Di Wai Lit - Hong Kong 1990
Con Sharon Yeung, Kenneth Tsang, Kara Hui, Carrie Ng, Alan Chui, Dick Wei


Sawada ( Tsang ), un boss della malavita, torna ad Hong Kong dopo sette anni di esilio, deciso a riprendersi il potere. Contro di lui, la squadra di polizia capeggiata da Ida ( Yeung ) e la sorella ( Hui ), la stessa che lo costrinse a fuggire anni addietro. A complicare le cose, ci si mette pure il capitano del distretto, indebitato fino al collo, a causa del gioco d' azzardo, proprio con lo stesso Sawada.
Ancora donne e pistole, filone che stiamo seguendo con un certo interesse, ancora brutalità ai massimi livelli, ancora coreografie pazzesche. Angel Terminators ( senza alcun legame con gli altri cento " Agels e qualcosa " di cui la cinematografia di Hong Kong straripa ) è un connubio di tradimenti e sanguinose vendette, di stralci di sceneggiatura ( cambia un' inquadratura, passano sette anni senza alcuna didascalia ), di sequenze d' azione al limite del legale ( basta vedere l' allucinante volo che fa questo cattivone alla fine di questa clip per capire ) e di braccine corte. Al contrario di Angel Enforces qua recensito, la storia punta molto più in alto, con sequenze che guardano all' America più spendacciona ( la lotta tra la polizia e i gangster per sequestrare la droga, l' agguato di quest' ultimi per riprendersela, per dirne due ) senza però raggiungerne non dico le vette, ma almeno la sufficienza. Come credere che il resort cadente e marcio che si vede nella pellicola sia la casa di un ricco e pericoloso boss, che i suoi uomini siano sempre i soliti sei in tutte le sequenze, che i poliziotti girino con i giubbini catarifrangenti da pochi euro? E si potrebbe continuare; basta solo gettare l' occhio ai particolari, per notare che qua si vola più alto di quanto si potrebbe realmente. E' ovvio dove i soldi sono andati a finire: nelle sequenze d' azione. Belle anche se un uso a dir poco smodato dei cavi tolgano loro quella crudezza che, vista la pellicola, gli sarebbe calzata a pennello. Un lavoro dunque " per gli addetti ai lavori " insomma, per quelli che ( come qua ) passano molto tempo cercare titoli come questo, perchè mai sazi di botte e morti a tonnellate. A dir poco ridicole le musiche, sempre fuori tema, e atroce il finale. Con un seguito.



mercoledì, agosto 25, 2010


Addio, Maestro.

Kon Satoshi ( 1963 - 2010 )



martedì, agosto 24, 2010


ANGEL ENFORCES
Di Godfrey Ho Chi Keung - Hong Kong 1989
Con Sharon Yeung, Philip Ko Fei, Dick Wei, Ha Chi - chun, Wu Fung

Una squadra di polizia al femminile guidata da Yvonne ( Yeung ) indaga su una banda criminale dedita al traffico di diamanti capeggiata da una donna tanto bella quanto letale ( Chi - chun ). Durante un agguato organizzato dalla gang, il migliore amico ( Ko Fei, anche action director ) del killer prezzolato " Arma Letale " ( Wei ), si sacrifica al posto del compagno. Il sicario non accetterà la morte dell' amico, e si vendicherà sulla squadra innescando una spirale di sangue. Finirà in massacro.
Angel Enforces fa parte di quel sottobosco di film " donne con la pistola " che per un certo periodo ha spopolato ad Hong Kong, creando un filone a nostro parere piuttosto interessante. Siamo lontani dai capisaldi del genere ( Yes Madam e She Shoots Straight, per citarne due ) e si sente già da subito il profumo della serie B più intransigente; sceneggiatura che colma i numerosi buchi con morti o scene d' azione, pochissimi ( grazie a dio ) siparietti drammatici / comici, un cast di soliti noti ( Ko e Wei, molto spesso presenti in queste serie e qua sempre apprezzati ) a far sentire lo spettatore in famiglia. Curioso come questo film voglia partire come un poliziesco americano e man mano che procede perda praticamente tutto per strada ( il diamante gigante che scatena il putiferio dopo mezz' ora non se lo ricorda più nessuno; l' infiltrato amico della protagonista fatto fuori e dopo due scene già dimenticato; il capo della gang che non si sa che affari faccia; poliziotti sotto copertura scoperti dopo cinque minuti!?! ), cambiando addirittura i protagonisti ( prima la squadra, poi il sicario ) a metà pellicola come se nulla fosse. Non aiuta certo un finale tronco ( ci si aspetta una nuova scena, compaiono i titoli di coda!?! ) che non chiude nessuna delle numerose porte aperte precedentemente. Un fiasco dunque? Non proprio. Le scene d' azione sono numerose ed incredibilmente estreme ( la maggior parte riportate nel trailer ) e il massacro finale, per quanto talmente sopra le righe da sembrare addirittura ridicolo, colpisce a fondo lo spettatore, non abituato a simili carneficine, da far impallidire qualsiasi film / serial americano più blasonato. Non c' è etica in tutto ciò, solo cruda vendetta e niente più. Che il regista ci sia arrivato di proposito o per puro caso ( come sembrerebbe, visto il resto della pellicola ) in fondo non ha importanza; Angel Enforces non è altro che quello che offre: azione. Sgangherata, ma pur sempre azione coi fiocchi!


WE' RE BACK!

Ha senso riaprire un blog dopo due anni di buio completo?
Noi pensiamo di sì.
Rimanete in contatto, siamo tornati!


giovedì, settembre 25, 2008


ENTER THE EAGLES
Di Corey Yuen - Hong Kong 1998

Martin e la sua banda hanno in progetto di rubare il diamante Czar, il più grosso della Repubblica Ceca e di rivenderlo a Karloff, pericoloso criminale. Lo aiuterà anche Mandy, killer di professione, ma di mezzo ci si metteranno due ladruncoli da strapazzo. Tutto, ovviamente, va a rotoli...
Il cinema di Hong Kong, in America, è famoso anche per aver dato visibilità ad attori stranieri in cerca di fama. Basti pensare a Cynthia Rothrock, Richard Norton per citarne alcuni e questo film era forte di due presenze importanti: Benny " The Jet " Urquidez ( che più spesso avremmo voluto vedere da queste parti ) e Shannon Lee, figlia del più arcinoto Bruce. Il film tenta invano di sfruttare location esotiche ( l' est europeo ) come altri fallimentari lavori prima di questo ( Another Meltdown, The Dragon From Russia ) e come i lavori sopracitati non decolla. Sarà forse per la recitazione BEN più che approssimativa dei comprimari occidentali, sarà forse per le coreografie piuttosto fiacche, sarà forse per la storia assurdamente idiota con persone che si comportano da idiote senza una ragione per tutto il film. Spiace vedere la presenza di Urquidez, centellinata in pochissime pellicole, sprecata in un lavoro come questo, senza un' avversaria marziale degna di questo nome ( Shannon Lee non è un atleta e si nota ), costretto a lavorare con tagli al montaggio come neanche il più brutto film americano. Flop un pò dovunque, e vorrei anche vedere. Corey, nella sezione donne e pistole, ha fatto in passato decisamente di meglio. Peccato.

giovedì, settembre 04, 2008


THE GIRLS REBEL FORCE OF COMPETITIVE SWIMMERS
Di Koji Kawano - Giappone 2007

Aki è una ragazza dal passato burrascoso che si trasferisce in una nuova scuola, proprio mentre in Giappone si diffonde un nuovo virus. L' istituto dove è andata effettua le vaccinazioni necessarie, ma le cose sembrano solo che peggiorare, con professori che diventano dei sadici cannibali e studentesse che si comportano come zombi. Le uniche ragazze, oltre ad Aki, non colpite dal virus sembrano essere quelle del club di nuoto, che si armeranno per fronteggiare la minaccia...
TGRFCS è un filmetto girato direttamente per l' home video e la sua durata, 78', già mostra il pubblico a cui è rivolto. Recitazione indefinibile, tanto è orribile, splatter da pochi mezzi, combattimenti grotteschi sono il corollario di un film per tredicenni in erba, di quelli a cui piace mischiare tette e sangue. Già dalle protagoniste ( Sasa Handa e Yuria Hidaka, direttamente dal soft porno ) si può capire l' antifona, mentre è quando partono le musiche ( sempre fuori sincrono ) che le idee si schiariscono e si comincia a ridere. Il film in sè non riesce a reggere nemmeno l' esigua durata, i dialoghi già al secondo minuto annoiano, il montaggio è terribile mentre la sceneggiatura deve essere stata scritta al momento di girare ogni scena, tanto è inesistente. Eppure questo film, nonostante le pecche, non può non divertire, complici forse i due colpi di scena finali, degni del miglior Miike. Siamo lontani comunque dal " lo dovete vedere ", ma quello che ha questo film che invece non hanno i vari Meatball Machine e Machine Girl è proprio la continua genuinità che scaturisce da ogni inquadratura, la sensazione costante di trovarsi di fronte ad un film giapponese per giapponesi, non per decerebrati yankees o europei, pronti a ridere quando si vedono litri di sangue ma incapaci di sostenere le varie scene lesbo e di stupro ( al limite del soft ). Attenti alle tette della protagonista, sempre al vento per la maggior parte del film. Da vedere la scena in cui eccitano la povera Aki: suonano il flauto ma il motivo è suonato con l' organo. Ho detto tutto. Se vi siete divertiti con le fregnacce prodotte dalla Media Blaster dategli un' occhiata, almeno per vedere cosa è veramente un vero film del genere. Per gli altri, anche no.


mercoledì, settembre 03, 2008


WELCOME TO DONGMAKGOL
Di Parl Kwang - hyun - Corea del Sud 2005

Durante la guerra di Corea un gruppo di nord coreani, uno di sud coreani e un americano si troveranno a Dongmakgol, un luogo molto particolare abitato da gente piuttosto strana. All’ inizio le fazioni si affronteranno, ma poi si faranno coinvolgere dalla paciosa vita di questo villaggio fuori dal mondo…
Fotografia sgargiante, luci trasversali, colori accesi a rimarcare un mondo infantile, come a voler calare lo spettatore in un caleidoscopio o in un cartone animato. Non passa indifferente il budget messo a disposizione per questa prima opera del regista; budget decisamente consistente, concessogli forse per mettere in scena questo script teatrale del regista Jung Jae – young ( Someone Special, Murder Take One ) che grandi aspettative ha riposto in questa giovane promessa. Sgombriamo i dubbi: Welcome to Dongmakgol è un film decisamente superiore alla media, che sa emozionare, divertire, commuovere come poche volte ci è successo ultimamente. Il regista affronta temi piuttosto scottanti e non mancano gli scivoloni e tematiche abusate fino alla noia ( i due soldati delle opposte fazioni: prima nemici poi fratelloni ), ma è come cercare un ago nel pagliaio: perché questo film ( premiato all’ Audience Award al Far East Film Festival ) è tanto lieve e leggero quanto forte e dinamico, tanto scanzonato ( a lunga scena del cinghiale: unica ) quanto capace di far scendere, perché no, qualche lacrimuccia. Un lavoro primo che straborda un po’ troppo di sceneggiatura, ma alzi la mano chi alla sua prima prova non avrebbe fatto lo stesso. Un gran bel film, che ci sentiamo di consigliare a tutti, ma che qua in Italia non credo vedremo mai. Come se fosse una novità. Incredibile comunque la cagneria degli attori occidentali. Da vedere.


lunedì, settembre 01, 2008


FLASH POINT
Di Wilson Yip - Hong Kong 2007


Ma Jun è un poliziotto dai modi spicci e poco ortodossi e gli affari interni malvedono la violenza con cui è solito risolvere i casi. Quello che al nostro importa, però, è incastrare una pericolosa banda criminale composta da tre fratelli vietnamiti, nella quale si è infiltrato anche Wilson, amico e collega di Ma Jun. Non tutto, ovviamente, fila per il verso giusto...
Donnie e Wilson devono trovarsi proprio bene assieme e dopo le esperienze di SPL e Dragon Tiger Gate ecco pronto un terzo action movie. Aumentano i collaboratori ( tutti amici di Yen che cura coreografie, stunts, action director ), cambiano i produttori ( lo stesso Yen ) e sceneggiatori ( Kam - Yuen Szeto, già creatore di copioni come Exiled e Dog Bite Dog ) ma il risultato, comunque, poco cambia. Non ci sognamo di criticare nemmeno una delle ( pochissime ) coreografie marziali, tanto sono curate nei minimi dettagli e che riescono, in tempi ardui come questi ( dove le pellicole thailandesi rischiano di affossare la fama di Hong Kong ), ad essere così incisive e coinvolgenti. Difficile trovare in giro dei combattimenti così adrenalinici, dove Kung Fu e Muay Thai si mischiano a proiezioni da wrestler e Jujutsu, e così reale, senza uso di cavi o computer grafica come nel precedente SPL ( da gustarsi, in questo senso, il fantastico duello finale ). Peccato però che passato questo rimanga una pellicola oltremodo banale, con una storia che si accontenta di adagiarsi nei binari del già visto e risaputo, a partire dai personaggi principali ( il classico poliziotto buono e duro, i criminali efferati ), e che non coinvolge quasi mai. Un peccato, perchè dopo SPL avremmo desiderato un film un pò più robusto, visti anche i precedenti del regista non proprio da buttare via, ma a quanto pare quando ci si mette di mezzo Donnie Yen non si riesce mai a superare quel fastidioso velo di sufficienza. Recuperatelo se avete voglia di vedere due tra le più belle coreografie che potreste mai trovare oggigiorno, ma lasciatelo dov' è se cercate un film che sappia fare il film.


CHOCOLATE
Di Prachya Pinkaew - Thailandia 2008

Una ragazzina mezza autistica è la figlia di un gangster giapponese, assente, e di una donna della malavita thailandese. Cresce guardando i films di Bruce Lee e Tony Yaa e, quando la madre si ammala gravemente, và in cerca di soldi con un suo amico: la madre infatti ha molti conti in sospeso con alcuni gangster e la figlia non si tira indietro quando si tratta di menare le mani. Peccato che tutto questo trambusto attiri l' attenzione del boss locale, casualmente un ex compagno della madre malata...

Alla sua terza prova non ci resta che alzare le mani ed arrendersi: non vedremo mai una storia decente nelle mani di Pinkaew. Dopo due films con Tony Yaa, il regista vira al femminile e arruola la bravissima Yanin Vismistananda, che non mai si tira indietro quando si tratta di farsi male, e il coreografo Panna Rittikai, a cui tanto vogliamo bene, ma ancora una volta sbaglia a saldare i conti con gli sceneggiatori. Se prima li pagava troppo poco, e si è visto in Yaa che ripeteva la stessa frase in entrambi i precedenti films, adesso ne paga forse troppi ritrovandosi con una sceneggiatura che sbava troppo melò ( spesso nei punti sbagliati ) nella prima parte e sfianca lo spettatore nella seconda, con una estenuante sequenza ( quasi mezz' ora ) in cui la protagonista picchia a destra e a manca ondate di uomini che, come in tutti i films del regista, sbucano improvvisamente dal nulla come nei videogiochi. Lungi da noi criticare le splendide sequenze d' azione, strabordanti stunts allucinanti, botte da orbi e ossa rotte come se piovesse, ma è proprio il resto che manca; a partire da un uso della computer grafica a dir poco osceno ( le mosche nella macelleria, ma si potrrebbe andare avanti ), da una storia che saccheggia malamente anni e anni di sceneggiature scontate fino a scenografie rubacchiate dagli scarti del primo Kill Bill ( la casa del malavitoso, praticamente un plagio ). Alla fine rimane un film con cui passare 90' di divertimento senza fronzoli, da accompagnare con birra e patatine, ma nulla più; un pò poco per un regista che sarebbe ora mostrasse gli attributi. Splendida la sequenza finale tra i cornicioni a livelli del palazzo, un omaggio alle vecchie consolle che non potrà non piacere a tutti i retrogamers.

martedì, luglio 22, 2008



THE MACHINE GIRL

Di Noboro Iguchi - Giappone 2008

Ami si è vista uccidere il fratellino da una banda di teppistelli capeggiati da un ragazzino yakuza. Dopo aver fatto visita alla famiglia in questione, Ami si trova pure senza un braccio, che sostituirà con un mitragliatore gigantesco. Scatterà la vendetta, scorrerà il sangue...
Iguchi ha un' idea particolare di cinema, fatta di particolari citazioni e che non lesina assolutamente nell' emoglobina, sparata al massimo ad ogni taglio o lacerazione presente nel film. Peccato che la sua idea di citazione siano Tarantino e Kill Bill, che per inteso citavano essi stessi il cinema giapponese, e che il gioco di specchi oltre che pericoloso risulti molto fastidioso, con attori giapponesi che si comportano come il più stereotipato personaggio dei fumetti, pronto da dare in pasto all' ennesimo ignorante fruitore di cinema americano. Già perchè produce Media Blaster, come per Meatball Machine, e i dolori iniziano poco dopo i primi minuti. Se qua abbiamo più ritmo e più voglia di prendersi poco sul serio, viste le numerosissime sequenze oltremodo splatter, rimane comunque un senso di noia a permeare tutto quello che non siano sbudellamenti, con personaggi piattissimi e situazioni che si svolgono in poche sequenze, senza contare i combattimenti, tanto dozzinali quanto frequenti. Il problema non è comunque il film in sè, per quanto gli stessi sbudellamenti ( più di una ventina, di cui almeno sette con la motosega ) diventino verso la fine frastornanti ( vedasi le inquadrature insistite e nausenanti ), ma nell' idea stessa che questo cinema vuole trasmettere: merda da esportazione, e altro titolo non si merita. Siamo di nuovo lontani sia dall' idea che dall' estetica che questo cinema vorrebbe ricordare, e nemmeno nel campo dell' intrattenimento puro e semplice si colpisce nel segno, riuscendo ad allungare a 96' uno script di nemmeno 30'. Un peccato, sul serio. Se con Meatball Mahine si è giunti al fondo del barile, è con Machine Girl che si comincia a scavare.


mercoledì, luglio 02, 2008


MEATBALL MACHINE
Di Yudai Yamaguchi & Jun' ichi Yamamoto - Giappone 2005

Yoji è innamorato di Sachiko. Ogni giorno la vede nel cortile della fabbrica accanto a quella dove lavora lui, ma non ha il coraggio di dichiararsi. Una sera trova uno strano guscio nella spazzatura e tenta di esaminarlo; si scoprirà essere un organismo alieno, giunto sulla terra assieme ad altri per impossessarsi degli esseri umani. Quando lo strano guscio prenderà la sua innamorata, Yoji dovrà trovare il coraggio di reagire...
Una rinascita del cyberpunk dopo quasi un decennio di pausa? Un omaggio più che smaccato a Tetsuo l' Uomo di Ferro? O semplicemente una stronzata pazzesca? Meatball Machine ha dalla sua un paio di carte non proprio buone: la compartecipazione della americana Media Blaster e la presenza di Yamaguchi, famoso per la sceneggiatura di quella schifezza di Versus e qua ancora protagonista con uno script scritto, evidentemente, su un foglio di carta al bar mentre prendeva il caffè. Difficile nascondere che questo è un lavoro creato per il mercato estero, costruito attorno ai gusti di nerd americani impazienti di vedere un " film giapponese fuori " e quindi carico di tutto quello che taluni sfigati vogliono vedere: tentacoli che penetrano ragazze ( con godimento incluso ), armi falliche, splatter esasperato, zero impegno mentale. Già perchè Meatball Machine ( e temo anche altri prodotti della stessa casa: vedi Machine Girl e Tokyo Gore Police ) manca anche di quella ricerca sui nuovi corpi che aveva reso famosi capolavori come Tetsuo o Organ, qua nemmeno accennati, soffocati da cinetiche vibrazioni meccaniche racchiuse in personaggi senza spessore e senza alcun carisma. 86' che sembrano quasi due ore, tra sbadigli incontrollati, sagre del già visto ( ed abusato ) e tantissima noia. Incredibile come questo ammasso di frattaglie abbia riscosso in giro così tanto successo. Gli ultimi dieci minuti sono, comunque, da antologia del trash più becero. Da evitare, assolutamente.


mercoledì, giugno 25, 2008


TEKKONKINKREET
Di Michael Arias - Giappone 2006

Bianco e Nero sono due ragazzini che vivono e dettano legge nella piccola città di tesoro. Quando gli Yakuza decidono di mettere le mani sulla città, i due piccoli diventano un ostacolo da eliminare...
Michael Arias è un americano, creatore di software per animazioni, che vive in Giappone da diversi anni e a cui è stata affidata la direzione di questo lungometraggio d' animazione. La parte visiva, strabordante di effetti grafici stratosferici, rapisce immediatamente i sensi dello spettatore, con personaggi disegnati quasi male che interagiscono con fondali impeccabili e giochi di macchina nervosi degni del miglior film girato con attori in carne ed ossa. Ma la parte visiva, tanto bella quanto a rischio di saturazione, non può reggere un film il cui perno è una discutibile quanto raffazzonata lotta tra bene e male, tanto prevedibile ( già dai nomi: Bianco l' insopportabile ragazzino tardo e buono, Nero quello più turbato e in perenne lotta con se stesso ) quanto tirata per le lunghe. Difficile rimanere seduti per tutta la durata del film a sentire discorsi tardo new age in salotti sempre più improponibili, ad aspettare l' ennesima visione di pace ed acqua di Bianco, a sperare che la lotta interna di uno dei protagonisti finalmente si plachi, in una delle parti finali più pesanti e pedanti che mi sia capitato di vedere in una pellicola di animazione. Ma forse è solo una ia idea, che stride fortemente con quanto espresso da altri, che trovano questo film un gioiellino. Personalmente, l' ho trovato solamente noioso. Se avete tempo e voglia, dategli un' occhiata, ma non dite che non vi avevo avvertito...


martedì, giugno 10, 2008

FAR EAST FILM FESTIVAL X

Farò una cosa che non ho mai fatto: una breve riflessione su ogni film invece che una recensione completa come gli altri anni. Non ho proprio avuto un minuto di tempo libero fino ad ora, ed ad aspettare un altro pò si richia di accavallare troppe cose. Quindi:

" QUICKIE EXPRESS "
Di Dimas Djayadiningrat - Indonesia 2007

La storia di un nullafacente che diviene gigolò a domicilio è molto carina e anche nel finale si riserva qualche sorpresa. Difficile comunque salvare del tutto questa pellicola; vuoi per i tempi comici completamente sballati e troppo spesso tirati per le lunghe, vuoi per una parte centrale non perfettamente funzionante, vuoi per la durata ( due ore ) eccessiva per una pellicola ( e una regia ) come questa. L' aprire il festival con uno spin off e poi proiettare questo film, mi ha messo già dal primo giorno in guardia su cosa sarei dovuto aspettarmi dal festival quest' anno.

" THE HAPPY LIFE "
di LEE Joon-ik - Corea del Sud 2007

Probabilmente già dalla trama ( vieni licenziato e non hai nulla da fare? Riforma il tuo vecchio gruppo con il figlio del tuo amico morto! ) ci si può aspettare la solita commediola coreana farcita di colori, siparietti, momenti seri, arruginite prime prove, la riconquista della fiducia in se stessi e scoppiettante concerto finale che tanto scalda i cuori. Ecco: Them Happy Life è proprio questo, e nemmeno fatto tanto male. Godibile, giusto giusto per il primo spettacolo pomeridiano. Nulla più.

" TRIVIAL MATTERS "
di Pang Ho - cheung - Hong Kong 2007

Nuovo film per il più europeo dei cineasti di Hong Kong. Uno dei film che aspettavo di più, dopo i bellissimi Beyond Our Ken e Isabella. 90' di durata, e già si ringrazia il cielo, per una serie di episodi di diversa lunghezza e tutti ( nessuno escluso ) bellissimi, che catturano l' attenzione del pubblico grazie a dialoghi geniali ( il ragazzo che ci prova con la topa in discoteca ), situazioni irreverenti ( una fellatio per ogni ricorrenza per la ragazza che vuole rimanere vergine ) e sentimento messo nei punti giusti al momento giusto. La storia delle due ragazze mi ha, veramente, commosso. Da vedere e recuperare senza timori di sorta.

" MUAY THAY CHAYA "
di Kongkiat Komesiri - Thailandia 2007

Io leggo Thai, leggo l' orario ( ore 24:00 inizio spettacolo ) e penso: si danno! Ancora Born to Fight! Invece il regista pensa che me ne possa fregare qualcosa del suo malriuscitissimo tentativo di portare Good Fellas in Thailandia e metterci di contorno lotte clandestine di muay thay. Combattimenti coreografati peggio di così, solamente i film di The Rock, mentre la storia si perde in personaggi non credibili e in situazioni grottesche involontarie. Due ore di durata, pensavo di morire.


" MR CINEMA "
di Samson Chiu - Hong Kong 2007

Aria di nostalgia per questa pellicola che può contare un Anthony Wong in forma sgargiante, una storia toccante e una regia molto nouvelle vogue; con figli che poco hanno voglia di fare, privazioni familiari, un ricongiungimento storico che mi sfugge, ma che mi ha comunque fatto apprezzare questo bellissimo film. Rimane il rimpianto, comunque, che questo sia stato uno dei film più belli visti quest' anno; tanto per dire quanto c' era da aspettarsi da questa manifestazione.

IN THE POOL “
di Miki Satoshi – Giappone 2005

Opera prima di un regista leggermente svarionato, questo In The Pool suscita decisamente molte simpatie. Forse per i personaggi divertenti, per il ritmo frizzante, per la fantasia colorata che pervade tutti e 101' di questa pellicola. O forse semplicemente perchè questo è ottimo intrattenimento: non chiede nulla, diverte, mette di buon umore. Se vi capita dategli volentieri un' occhiata, non sarà tempo sprecato.

THE ASSEMBLY “
di Feng Xiaogang – Cina 2007

Il film “ imperdibile “ della scorsa stagione cinematografica cinese. Il film dove un sacco di cinesi si sparano addosso, addosso ai coreani, addosso agli americani, per poi dimenticarsi di essersi sparati addosso ed affossare quindi la vita di questo capitano che ha sparato addosso a tutti ma nessuno lo vuole ammettere. Grandiose scene d' azione, straripanti comparse e mezzi e botti, grandiosa la fotografia, sporca e cattiva, meno grandiosa la storia, che si affloscia sui soliti clichè di uno contro tutti per tutto il secondo tempo. Comunque non male, visto cosa esce di solito dal continente.

DEATHFIX: DIE AND LET LIVE “
Di Miki Satoshi – Giappone 2007

Qua uno vomita sul cofano della macchina, il vomito si cuoce come una frittata e il tipo ci fa una battuta sopra. Una caporedattrice di un giornale consegna il lavoro al protagonista, scorreggia duro con puzza, ci fa una battuta sopra. Miki qua, dopo aveci viziati con il suo primo film, non sa dove andare a parare, regalandoci, con le battute di cui sopra, i primi dieci minuti più terribili del festival e dell' ultimo anno. Praticamente una merda. E ancora deve arrivare Resiklo...

THE ROBBERY / THE FIRST ADVENTURES OF THE GANGSTA BEARS “
Hong Kong 1985

Che carino! Pang ho – Cheung mette a nostra disposizione i suoi filmati da piccolo. Che tenero, che paffuto, che guanciotte, che palle! Ma che palle! Il fatto di aver visto la locandina di queste due cose in vendita mi fa pensare al fatto che li abbiano pure messi in commercio. Puro spreco di tempo.


A DRIFT IN TOYKO “
Di Miki Satoshi – Giappone 2007

Il miglior film del nostro neo scoperto regista. Uno studente universitario dovrà accompagnare uno yakuza a costituirsi per l' omicidio della moglie. Il commissariato dove il bandito vuole andare è dall' altra parte della città, e durante il viaggio un po' di cose cambieranno per entrambi. Un film commovente, eccentrico, divertente, che pesca quanto di meglio detto in In The Pool e lo migliora ancora, regalandoci dolci affreschi su un' umanità perduta per le vie della metropoli. Stupendo.

THE DETECTIVE “
Di Oxide Pang – Hong Kong 2007

Un film piuttosto teso e sporco, con Aaron Kwok spaccone e scene tese e calibrate al millesimo per far sussultare lo spettatore. Sarebbe pure un bel film, se Pang non insistesse con i fantasmi ( buttati lì a cinque minuti dalla fine, uno scandalo ) e con una regia che più fa passare il tempo più convince sempre meno. Colonna sonora, aiutata dalle casse del Teatro, spaccatimpani. Si finisce il film con tanta delusione ed un cocente mal di testa.

RESIKLO “
Di Mark A. Reyes – Filippine 2007

Aspetto sempre il festival per tuffarmi nel cinema filippino ed ogni anno me ne pento. Un film di fantascienza senza trama, senza alcuna congnizione del tempo filmico, con due ( due, 2 ) idee buttate lì, con un saccheggio senza pari di Star Wars ( lo stesso sfumare delle scene, ad esempio, ma si potrebbe continuare ). Quando uno dei buoni dice che il cattivo ( un Palpatine fotocopiato ) è suo padre, si muore. Dentro. Talmente farsesco anche nella costruzione dei Robot ( con parti riciclate, salviamo il pianeta ) che dopo dieci minuti ci si annoia pure a riderci sopra. Roba che Matti, al confronto, può pure vantarsi di essere come Carpenter.

THE GLORIOUS TEAM BATISTA “
Di Nakamura Yoshihiro – Giappone 2008

Un medical thriller ben congegnato e strutturato. Si fa guardare fino alla fine con piacere, anche perchè in questi film non mancano mai quelle parti surreali e quella caratterizzazione dei personaggi talmente sopra le righe, che se dirette da qualsiasi altro regista non giapponese risulterebbero delle immonde cagate. Qua invece funzionano alla grande, e l' ispettore del ministero della Sanità è uno dei personaggi più belli visti a questo festival.


OUR TOWN “
Di Jung Kil – young – Corea Del Sud 2008

Our Town è un film che vuole concedersi tutto ma che non arriva a nulla. Confusionario fino alla nausea, irritante, pecoreccio, irriverente, satiraneggiante. Scusate, ma dopo “ irritante “ ho perso pure la voglia di scriverci su male. Perchè questo film è talmente brutto, che è pure brutto scriverci sopra. Una delle speranze del festival, a detta della direttrice un film che sono riusciti a strappare con le unghie agli altri festival; che se la stanno ancora ridendo, I suppose...

THE SCREEN AT KAMCHANOD “
Di Songsak Mongkolthong – Thailandia 2007

Di questo film è più interessante cercare di pronunciare il nome del regista senza intoppi alla lingua che guardare il suo operato. L' unica fortuna di questo pastiche confusionario di fantasmi che terrorizzano persone ( senza mai ferirle, altrimenti il divertimento dove sta? ) per tutta la durata del film senza motivo è, guarda caso, la durata della pellicola. Solo 98'. Ho ringraziato dio solamente una volta in vita mia, e non è stato dopo l' incidente automobilistico che mi è quasi costato la vita anni fa. No. E' stato all' uscita della sala dopo aver visto questa merda.


Ringrazio di cuore, ma veramente di cuore, MATTEO, NICOLA, DAVIDE, ROSSANA ( ovvero la cricca di Weltall direttamente dalla Sardegna ^^ ), ROB ( aka the Critic ^^ ) e PANCIO.

Senza di Voi, me la sarei passata veramente poco, e spero di rivedervi il prossimo anno, che mi auguro migliore di questo.

Un saluto a tutti voi, amici.



martedì, giugno 03, 2008

TOO MUCH WORK


Spero solamente di trasferirmi presto ed avere la connessione a casa, perchè da un mese a questa parte faccio fatica a prendermi tempo in ufficio per postare qualcosa.

Non temete, Torakiki non è morto!